Il 24 luglio 1228, otto giorni dopo che papa Gregorio IX aveva ascritto al numero dei santi San Francesco d’Assisi, il Comune di Prato comprò per i Frati Minori un terreno, posto «presso il Castrum Prati, nel luogo detto l’Oliveto», perché vi potessero costruire la chiesa e il convento, documentati già nel 1233.
A seguito di importanti interventi comunali per l’ampliamento della cinta muraria, fu possibile costruire la chiesa che possiamo ritenere terminata entro il 1284. La facciata si completò più lentamente, ma già nel 1313 era finito il portale.
La facciata gotica aveva al centro un grande rosone di marmi bianchi riccamente lavorati che purtroppo venne rimosso verso la fine del Seicento. Più in alto, il timpano triangolare con al centro il rilievo policromo in stucco delle Stimmate di San Francesco, opera di altissima qualità.
Le notevoli diversità stilistiche riscontrabili nell’architettura ma anche nelle decorazioni testimoniano il variare del gusto nel corso degli otto secoli che ormai ci separano dall’inizio di questa importante fabbrica sorta su quella che fu, secondo la tradizione, la prima chiesa al mondo ad essere intitolata a San Francesco d’Assisi.
All’interno è riproposto lo schema planimetrico tipico delle chiese francescane: un’unica ampia navata coperta a capriate lignee con decorazioni trecentesche.
Specifica delle chiese francescane è anche la continuità tra la navata e il coro con la parete di fondo aperta dalle tre cappelle absidali ogivali con volte a crociera.
Frutto del restauro conclusosi nel 1904 sono gli altari laterali con le sontuose cornici e i dipinti, con “Il patrocinio di San Giuseppe” e “Santa Teresa in adorazione“, di Giuseppe Catani Chiti.
L’effetto di allungamento prospettico della navata, come per l’esterno, è ripetuto qui con l’avvicinamento progressivo delle capriate e con un sapiente dosaggio della luce, che si fa più intensa verso il presbiterio.
In origine la navata era parzialmente divisa da un tramezzo, affrescato da Filippo Lippi e oggi perduto, che separava la zona pubblica dal coro monastico.
Gli importanti monumenti custoditi all’interno della chiesa, quello a Geminiano Inghirami (1460), opera di alta qualità attribuita a Pasquino di Matteo da Montepulciano, qui trasferita dal chiostro dove era stata adornata da pitture di Filippo Lippi, e la lastra tombale del noto mercante pratese Francesco di Marco Datini, eseguita nel 1411 da Niccolò di Piero Lamberti, sono gli esempi più alti di una serie di monumenti dedicati agli “uomini illustri” della città.
Tale celebrazione della dignità dell’uomo non è in contrasto con la funzione religiosa del tempio ma è un chiaro riferimento al periodo umanistico oltre che testimonianza del rilievo che la chiesa ebbe all’interno del tessuto sociale della Città.
I sei altari minori presenti nella chiesa sono stati eseguiti agli inizi del Novecento da Graziano Senesi. Quasi a metà della parete di destra incontriamo il raffinato pulpito semicircolare in pietra serena (XIV sec.) attribuito alla cerchia di Benedetto da Maiano.
Sul pavimento della navata, davanti all’altare maggiore si trova la lastra tombale in marmo bianco dell’illustre mercante pratese Francesco Datini, realizzata nel 1411 da Niccolò di Piero Lamberti. A sinistra dell’altare, all’interno della Cappella Ceffini, è conservata l’importante icona della prima metà del Quattrocento, attribuita a Bicci di Lorenzo fu donata da San Bernardino da Siena durante la predicazione della quaresima del 1424. La tavola si presenta dipinta su entrambe le facce col monogramma di Cristo e con un’iscrizione in pastiglia dorata che ripete una citazione della lettera di San Paolo ai Filippesi. Al centro dell’altare è il grande crocifisso ligneo policromo, opera di notevole espressività (XII sec.).
Sempre nel presbiterio, sulla parete sinistra, è un raffinato ciborio quattrocentesco in pietra serena attribuito a Maso di Bartolomeo.
A destra dell’altar maggiore invece, la Cappella di Sant’Antonio da Padova con l’opera di Luisa Mussini dedicata al santo taumaturgo.